Bud, Neri, Caramel e Chocolat

Francesca pensava agli Alpaca: “perchè tengano pulito tra gli ulivi, senza sciupare nulla, poi mi dicono che sono anche affettuosi”. Ma delle pecorelle? Ci sono delle razze nane, una conoscente ha le Ouessant, le rispondo. Da lì a poco mi annuncia entusiasta che ha trovato due Ouessant e due Skudde, come sono belle!

A maggio eccole alla tosa, con l’aiuto di un vicino pastore! 

Le suggerisco di tenere la lana sucida in una scatola di cartone o in un sacco di carta, che è traspirante, finchè si riuscirà ad incontrarci per consegnarmela: purtroppo quest’anno non si riesce a lavarla insieme, lo faccio io, tenendola informata di ogni passaggio.

Prima di tutto faccio una selezione (cernita) in base alla qualità della lana.

 

 

 

 

 

 

Quindi parto con il lavaggio, armata di pentolone, lisciva di cenere e aceto.

 

 

 

 

 

Si vede subito che è ricca di lanolina, ma con un paio di lavaggi e qualche risciacquo è bell’e stesa ad asciugare!

Purtroppo c’è tanto vegetale tra la lana: semi, cardi, forasacchi… Una parte l’ho separata prima del lavaggio (cernita), ma il resto va tolta, sempre a mano, nelle lavorazioni successive.

Stando a quello che mi raccontano, alla lana lavorata industrialmente, viene fatto un trattamento chiamato carbonizzazione, che consiste nel passarla in una soluzione di acido solforico e così tutte le impurità vegetali si dissolvono. Ma preferiamo fare a mano e, magari, tenerci qualche sana impurità, piuttosto di gravare ulteriormente questo mondo di inquinanti…o no?

Ma ecco la lana, pulita e cardata con una cardatrice a tamburo.

Che soddisfazione, il risultato mi piace talmente che inizio subito a filarla, rigorosamente a mano, s’intende. Nonostante io sia alle prime armi, la lanolina fa sì che il filo scivoli via, ogni momento libero dell’estate, e poi parte dell’autunno.

A novembre consegno il filato a Francesca, che si mette subito all’opera e, imparando ad usare l’uncinetto……

 

 

 

 

 

 

…prepara i regali di Natale per amici e parenti! Guardate che meraviglia:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una parte della lana di scarto l’ha usata poi per decorazioni natalizie, impreziosendola con fiori secchi.

E una parte l’ha regalata ai bimbi di una scuola della sua zona, per fare un bel manto morbido alle renne!

Grazie mille, Francesca, di aver reso possibile questo piccolo grande passo verso un cambiamento.

Leda

 

Studio e coltivazione delle piante tintorie

Quest’anno eravamo prontissime, grazie ad un piccolo vivaio improvvisato, per fare la prima vera prova di coltivazione di varie specie tintorie. I semi li abbiamo trovati qua e là, scambiando, raccogliendo.

Data la situazione, il campo destinato a questa sperimentazione, si riempirà di rigogliose infestanti e si riposerà.

Abbiamo messo in un piccolo orto alcune piantine che ormai necessitavano di essere trapiantate e che manderemo “a seme” così per il prossimo anno la primavera ci troverà preparate!

Ricordiamo che le piante tintorie sono moltissime: alcune storicamente più usate e coltivate, altre reperibili in natura altre ancora si trovano probabilmente della nostra cucina. Foglie di carota, bucce di cipolla dorata, bucce di melograno (ora un po’ fuori stagione…), possono essere materie prime preziose per la produzione di colori vivaci e stabili. Non ci sono più scuse per non sperimentare e sfruttare queste giornate lente e casalinghe…ora poi che spediamo anche la nostra lana…!!!

 

Primi passi

In questo periodo di bilanci e buoni propositi esce la nostra video intervista su la Repubblica.it, firmata Chiara Tarfano:

https://video.repubblica.it/edizione/firenze/lana-in-toscana-da-rifiuto-a-risorsa/323228/323849

capita così che io superi la mia “paura del foglio bianco” e cominci a raccontarvi qualcuna delle nostre avventure:

Qualche anno fa, studiando e coltivando erbe e ortaggi per raggiungere l’autosufficienza, m’imbatto in un fiorellino azzurro/lilla, spuntato per caso nel mio orto. Cerca e chiedi a destra e a manca, raggiungo la certezza che sia LINO.

Col cuore in gola, diffondo la lieta novella a parenti e amici: “Lino, capite? quello con il quale si fanno quei freschi abiti estivi che amo!”

Quindi, mi chiedo, c’è la possibilità di avere indumenti di lino prodotti qui in Toscana???

Le indagini successive (presso il Linificio Italiano) mi riportano all’amara realtà che questa fibra, sebbene ampiamente coltivata in Italia in passato, ormai si lascia crescere e si lavora solo in Francia, Lituania, Marocco….che per quanto siano adorabili paesi son parecchio lontani, ahimè, per esser considerati Km 0.

Ma ormai avevo aperto il vaso di Pandora, quindi non potevo fare altro che incanalare la mia passione per le autoproduzioni nella direzione tessile, si trattasse di lino, canapa, cotone o lana e coinvolgendo chiunque mi capitasse a tiro.

A tal proposito vorrei ringraziare tutti coloro che, volenti o nolenti, hanno contribuito e contribuiranno a questo percorso, nella ricerca, nella sperimentazione, nella condivisione di saperi e tecniche, regalandoci semi o anche solo un po’ di sana curiosità. Questo significa che chiunque legga può contattare ‘il fuso recuperato’ per qualsiasi tipo di domanda o collaborazione, yeeeah!

Vi abbraccio tutte e tutti e vi auguro un appagante e sereno 2019

Leda